#20 LA PIAZZA DEI BOOKLOVERS

BELLA MIA

Donatella Di Pietrantonio

 

TRAMA

Ritrovarsi alle prese con un adolescente taciturno e spigoloso che è quasi uno sconosciuto, inventarsi madre quando quell’idea era già stata abbandonata da tempo. È ciò che succede a Caterina, la protagonista di Bella mia, quando Olivia, la sorella gemella che sembrava predestinata alla fortuna, rimane vittima del terremoto dell’Aquila, nella lunga notte del 6 aprile 2009, lasciando il figlio Marco semiorfano. Il padre musicista vive a Roma e non sa come occuparsene, perciò tocca a Caterina e alla madre anziana prendersi cura del ragazzo, mentre ciascuno di loro cerca di dare forma a un lutto che li schiaccia. Ma è in questo adattamento reciproco, nella nostalgia dei ricordi, nella scoperta di piccole felicità estinte, nei gesti gentili di un uomo speciale che può nascondersi la forza di accettare che il destino, ancora una volta, ci sorprenda. Bella mia è un romanzo di grande intensità che parla con un linguaggio scarno ed essenziale dell’amore e di ciò che proviamo nel perderlo. Ma soprattutto della speranza e della rinascita: la rinascita di una città squassata dal sisma e la rinascita ancora piú faticosa della fiducia nella vita.

 

RECENSIONE

Bella mia di Donatella Di Pietrantonio, scritto nel 2014, ripubblicato nel 2018, dedicato ed ambientato a L’Aquila, è il secondo romanzo dell’architetto abruzzese che ho imparato ad apprezzare con L’Arminuta, romanzo con cui l’Autrice ha vinto il premio Campiello nel 2017.

In questo romanzo, lontano dai toni aspri e duri del primo, si legge una perdita, la perdita, quella di una sorella, gemella, a seguito dell’terremoto dell’Aquila del 2009. Ma il racconto non è straziante, il dolore è composto, intimo, come il legame che solo due sorelle che si amano profondamente possono conoscere e capire, ed è proprio questo amore unico a riecheggiare nei ricordi del passato e nella vita presente. Due gemelle diverse ma comunque unite da sempre e separate perché una, Olivia, quella notte del 6 aprile del 2009 si è attardata in casa a prendere qualcosa per il figlio. Già il figlio, Marco, l’altro personaggio del romanzo, dapprima nipote, poi figlio acquisito di Caterina che assume su di sé il ruolo della cura e dell’accudimento un tempo proprio della gemella perché il padre del ragazzo, separato da tempo da Olivia, non ha quasi nessun tipo di rapporto lui che va a vivere nelle case provvisorie insieme a sua zia e a sua nonna.

Non c’è solo il racconto della vita di una famiglia nel romanzo, attraverso Caterina, infatti, entriamo nella vita dei vicini e nei loro lutti. Scopriamo le varie forme che può assumere il dolore. Scopriamo il lento rinascere della vita che a volte si muove e si rianima a dispetto del nostro desiderio di lasciarci morire. Così fa Caterina che, lentamente, coltivando il rapporto con il nipote ed imparando a conoscerlo, rinasce, riappropriandosi di se stessa, di quell’identità smarrita nella casa della sorella la notte del terremoto. Sullo sfondo le macerie, le promesse sulla ricostruzione, la necessità che la vita continui ma anche la domanda se valga la pena sperare e ricostruire.

 

Autrice: Donatella Di Pietrantonio

Editore: Einaudi

Collana: Super ET

Anno di pubblicazione: 2018

Pagine: 192 p., Brossura 

Genere:  Narrativa italiana

ETA’ DI LETTURA CONSIGLIATA: 18+

 

Avevo già paura, la sera del 5 aprile. Sotto di noi le convulsioni si ripetevano da mesi, senza uno schema, una regolarità, ora più intense, ora appena percettibili, secondo una sequenza disordinata e snervante. A volte una pausa più protratta dopo una scossa ci illudeva fino alla successiva, più forte dell’ultima. Le notti ascoltavo l’attrito leggero delle unghie contro le lenzuola, a ogni respiro, e una specie di lamento nello spessore dei muri, debole e sporadico. Faticavo a prendere sonno nella mia casa abitata da tensioni invisibili, scricchiolii, improvvisi sfarinamenti tra i mattoni delle volte a crociera. A un’ora incerta con la giacca addosso sono uscita sul balcone, richiamata da un presagio acuto. I panni stesi erano perfettamente immobili nel buio. Cantavano gli uccelli notturni, uno in particolare ripeteva sempre lo stesso chiù monotono. Di colpo mi ha investito dura l’aria, non il vento, una massa compatta di aria percossa. Sono rientrata con un salto ed è cominciato.”

  

“Perché il terremoto ha distrutto alcuni quartieri e altri li ha lasciati quasi intatti?” […] 


“Voglio dire che in via XX Settembre sono crollati i palazzi e sono morti tutti quegli studenti. Anche altra gente, il dentista di mamma. In via Strinella, che è la continuazione, ci sono stati solo pochi danni” […]


“Perché è crollata la mia?” Sale il tono e qualche goccia di saliva mi punge il viso.
“Non lo so. Tua madre e io ci fidavamo di un ingegnere esperto, è venuto per un sopralluogo dopo le prime scosse, sia da voi che da me. Anche al paese, dalla nonna. Ci ha garantito che eravamo al sicuro”. Mi muovo sulla sedia, a disagio.
“Chi è quel bastardo?” […]


“Calmati. Non ha importanza, ormai, non saprei nemmeno dove cercarlo…” rispondo al di sotto della rabbia che sputa.
“Ah, non ha importanza! Anche da Rash avevano controllato e dicevano che non c’era pericolo, ma lì il palazzo non è venuto giù! Forse i suoi genitori non si sono rivolti allo stesso genio che avete chiamato voi!”

 

P.

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