Lui è come una bestia: sente il tempo che viene. Lo fiuta. E quel che fiuta è un’Italia sfinita, stanca della casta politica, della democrazia in agonia, dei moderati inetti e complici. Allora lui si mette a capo degli irregolari, dei delinquenti, degli incendiari e anche dei “puri”, i più fessi e i più feroci. Lui, invece, in un rapporto di Pubblica Sicurezza del 1919 è descritto come “intelligente, di forte costituzione, benché sifilitico, sensuale, emotivo, audace, facile alle pronte simpatie e antipatie, ambiziosissimo, al fondo sentimentale”. Lui è Benito Mussolini, ex leader socialista cacciato dal partito, agitatore politico indefesso, direttore di un piccolo giornale di opposizione. Sarebbe un personaggio da romanzo se non fosse l’uomo che più d’ogni altro ha marchiato a sangue il corpo dell’Italia. La saggistica ha dissezionato ogni aspetto della sua vita. Nessuno però aveva mai trattato la parabola di Mussolini e del fascismo come se si trattasse di un romanzo. Un romanzo – e questo è il punto cruciale – in cui d’inventato non c’è nulla. Non è inventato nulla del dramma di cui qui si compie il primo atto fatale, tra il 1919 e il 1925: nulla di ciò che Mussolini dice o pensa, nulla dei protagonisti – D’Annunzio, Margherita Sarfatti, un Matteotti stupefacente per il coraggio come per le ossessioni che lo divorano – né della pletora di squadristi, Arditi, socialisti, anarchici che sembrerebbero partoriti da uno sceneggiatore in stato di sovreccitazione creativa. Il risultato è un romanzo documentario impressionante non soltanto per la sterminata quantità di fonti a cui l’autore attinge, ma soprattutto per l’effetto che produce. Fatti dei quali credevamo di sapere tutto, una volta illuminati dal talento del romanziere, producono una storia che suona inaudita e un’opera senza precedenti nella letteratura italiana. Raccontando il fascismo come un romanzo, per la prima volta dall’interno e senza nessun filtro politico o ideologico, Scurati svela una realtà rimossa da decenni e di fatto rifonda il nostro antifascismo.
RECENSIONE
Antonio Scurati, vincitore del “Premio Strega” 2018 con questo romanzo, si cimenta in un’impresa a dir poco ardua. Questo testo racconta in maniera oggettiva e coerente alcuni anni di vita dell’uomo che ha “guidato” l’Italia nel fascismo e successivamente nella Seconda Guerra Mondiale.
Scurati probabilmente è riuscito a compiere l’opera che nessuno storico e/o letterato era riuscito a fare fino ad oggi: mettere a nudo la persona di Mussolini, con sentimenti, frustrazioni, problemi di salute e amori. Sicuramente di Mussolini è stato raccontato ogni dettaglio, ma per la prima volta, in questo libro, assistiamo all’”umanizzazione” del dittatore, attraverso l’utilizzo sapiente della sua corrispondenza personale per la realizzazione di un autentico romanzo storico.
È utile sottolineare, ripetutamente, che Scurati non intende mai, nelle 848 pagine scritte, riabilitare e/o condannare Mussolini. Invece si limita ad osservare con attenzione e accuratezza ogni dettaglio degli scritti personali del dittatore e dei suoi corrispondenti. Questo espediente letterario ha permesso di raccontare il punto di vista personale di colui o coloro che hanno intrapreso un dialogo con Mussolini.
Attraverso il romanzo si scoprono manie, fragilità e sentimenti di una persona che ha messo ai suoi piedi l’Italia e la democrazia con cruenta violenza. Inoltre, Scurati permette al lettore di intravedere in Mussolini l’uomo che si relaziona con l’amore e con la famiglia. Attraverso il racconto delle relazioni del dittatore, Scurati riesce a far emergere il ruolo fondamentale delle donne nella vita di Mussolini. In particolare, Margherita Serfatti acquisisce un rilievo importante per il pensiero politico di Mussolini e per le azioni e le decisioni intraprese nella prima fase del fascismo.
Il Premio Strega ha suggellato il valore di questo testo, consacrandolo probabilmente ad essere un patrimonio della letteratura italiana del XXI secolo.
Autore: Antonio Scurati
Editore: Bompiani
Pagine: 848
Anno di prima pubblicazione: 2018
Genere: Romanzo storico
Età lettura consigliata: 18 +
CITAZIONI
“Ecco l’uomo. L’uomo nuovo, l’uomo della giovinezza contro il vecchiume, della rinascita dopo la decadenza, della salute di fronte alla degenerazione. Ecco l’arbitro del caos, l’iniziatore di un’era, l’ostetrico della storia, questo parto difficile. Al suo confronto, i politicanti della vecchia Italia, che ancora si affannano a bamboleggiare con stantie formule parlamentari, quando pure diano scarso segno di vita, fanno l’impressione di larve che escano dai cimiteri della preistoria.
Ecco l’uomo forte, l’uomo della forza, forza fisica – non ce n’è un’altra – l’uomo della violenza che la placherà, l’uomo della ferocia che ammansirà, l’uomo della lotta che farà cessare perché presto non ci saranno più due fronti ma uno soltanto, l’uomo che ridà sicurezza ai poveracci fino a ieri presi nel mezzo, l’uomo che ha fatto un deserto e l’ha chiamato pace, ecco il domatore di leoni, quello che entra nella gabbia mentre il pubblico trattiene il fiato e, con uno schiocco di frusta, impone alle belve di spalancare e poi richiudere le fauci, a comando, a bacchetta, perché sono i suoi leoni”
“Ebbene, signori, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!”
“Un re non è un porco all’ingrasso, come sosteneva Napoleone. Un monarca costituzionale deve sapere quello che accade nel suo Paese. Se un primo ministro criminale sprofonda quel Paese nella vergogna, deprecata dalla maggioranza dei suoi sudditi, il sovrano, appoggiandosi alla lealtà dell’esercito, ha il dovere di porre fine al regime delittuoso spingendo il capo del governo alle dimissioni.”
“Assecondando l’oscurità con il silenzio, si scivola mollemente verso il crepuscolo della coscienza che immette al sonno. Ci sarà tutto il tempo, in futuro, per calcolare ciò che d’irreparabile è andato perduto consentendo a quest’uomo stravaccato in poltrona di prendere con la forza il potere sul mondo viaggiando in vagone letto.”
“La politica richiede il coraggio gretto, cattivo delle risse di strada, non quello arioso delle cariche di cavalleria. La politica è l’arena dei vizi, non delle virtù. L’unica virtù che richiede è la pazienza. Per arrivare a Roma, bisognerà prima recitare in questa parodia senile, farsi ascoltare dal sinedrio dei vecchi, quella mezza dozzina di rimbambiti, ingenui e canaglie che governano il mondo.”