LE ASSAGGIATRICI
Rosella Postorino
TRAMA
“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.” Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando? La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito. Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere.
Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.
RENCESIONE
Rosella Pastorino ha voluto narrare, attraverso questo romanzo, l’altra faccia (se esiste un’altra faccia) della medaglia del periodo più nefasto per l’umanità degli ultimi cento anni.
La protagonista Rosa è una tedesca come tante; moglie di un architetto di Berlino, che decide di arruolarsi e “difendere” il proprio Paese nella guerra scatenata da Hitler.
Quando il marito parte, lei è costretta a trasferirsi a casa dei suoceri a Gross-Partsch, paesino nei pressi nella tana del “Lupo”, base-nascondiglio dei nazisti dove si rifugia in segreto Hitler.
Rosa, come altre donne del villaggio, è costretta a diventare l’assaggiatrice delle pietanze del Führer, col rischio quotidiano di avvelenarsi e morire. Rosa in tutto il romanzo è descritta come una donna che cerca solo di sopravvivere, guidata dall’istinto e contrastata dai sentimenti, nutriti nei confronti delle amiche-assaggiatrici, che spesso la mettono in discussione con se stessa.
La sua storia potrebbe essere quella di qualunque tedesca dell’epoca e Rosella Pastorino lo rende chiaro al lettore attraverso una narrazione umana e “fragile” di persone e luoghi che, nonostante siano i protagonisti involontari della Seconda guerra mondiale, spesso si sono ritrovati ad essere prigionieri di Hitler e dei nazisti. Non sarebbe giusto giudicare il popolo tedesco dell’epoca come complice compatto al servizio di Hitler. La verità, secondo chi scrive, è raccontata in modo sapiente e “umano” dall’autrice.
Pastorino, a volte anche con tratti di stile di romanticismo tedesco, descrive il punto di vista di chi ha vissuto il nazismo da tedesco in Germania, facendo risaltare quanto spesso gli stessi tedeschi fossero all’oscuro dello scenario intorno a loro o fossero inermi di fronte alla follia del nazismo, perché in fondo si trattava pur sempre di sopravvivenza.
L’autrice non vuole giustificare i comportamenti e le scelte di nessuno/a. Non dà mai spazio al pietismo e al perdono.
Questo romanzo vuole solo raccontare la vita di una donna che tra amori, passioni e vicissitudini quotidiane, cerca di sopravvivere al meglio delle sue forze. Una storia da non perdere, poiché illumina la mente sulla storia “semplice” e fragile di ognuno di noi, perché chiunque di noi potrebbe essere Rosa Sauer.
Autrice: Rosella Pastorino
Editore: Feltrinelli
Pagine: 288
Anno di prima pubblicazione: 2018
Genere: Narrativa
Età lettura consigliata: 18 +
CITAZIONI
“Rientrata in camera, nel silenzio del sonno di Herta e Joseph, mi presi la testa tra le mani, incapace di accettare che fosse accaduto. Una sotterranea euforia mi dava scariche a intermittenza. Niente mi ha fatto sentire più sola, ma in quella solitudine mi scoprivo resistente.
Seduta sul letto in cui dormiva Gregor da bambino, feci di nuovo la lista delle colpe e dei segreti, come a Berlino prima di conoscerlo, ed ero io, ed ero innegabile”
“Che fosse possibile omettere parti della propria esistenza, che fosse così facile, mi ha sempre allibita; ma è solo ignorando la vita degli altri che scorre, è solo grazie a questa fisiologica carenza di informazioni, che possiamo non impazzire”
“Non riuscivo a odiare Leni, ma nemmeno a perdonarla. Ai miei occhi, la sua mortificazione era la coda di paglia di un ragazzino che ha commesso una marachella, non mi bastava. Dovevi pensarci prima, volevo dirle, ma stavo zitta, non parlavo con nessuno. A mensa le voci si smorzarono; benché attutito, quel brusio mi era insopportabile. Elfriede meritava un po’ di rispetto. E io avevo bisogno di quiete”
“La merda è la prova che Dio non esiste, aveva detto Gregor; ma io pensavo a quanta compassione provavo per i corpi dei miei compagni, per la loro bassezza ineliminabile e senza colpa, e quella bassezza mi parve, allora, l’unica vera ragione per amarli”
“Era un evento, un evento talmente grande, intollerabile, che stordì il dolore, lo sommerse, si espanse tanto da occupare ogni centimetro dell’universo, divenne l’evidenza di ciò che l’umanità era capace di fare”
Bear Krustowsky